Il 12 marzo 2025, il Polo Universitario Penitenziario è stato invitato presso una delle sedi dei gruppi scout Genova Levante e Genova 3, per fornire un punto di vista differente sul mondo carcerario.
Ad aprire l’incontro è stato il professor Massimo Ruaro, coordinatore didattico del Polo, che ha fornito ai presenti una prospettiva globale della vita dei detenuti, riuscendo a scardinare ideologie e preconcetti popolari. Con lui, è intervenuto Armand, laureato del Polo Penitenziario che, dopo 11 anni di carcere, è attualmente in affidamento in prova ai servizi sociali. Armand ha portato un’esperienza di vissuto e di studio all’interno delle mure carcerarie, nello specifico della casa circondariale di Genova Marassi.
Nel corso dell'evento, Chiara Tubino ha trattato il tema della detenzione femminile su cui sta preparando la sua tesi di laurea. Dal punto di vista strutturale, le carceri femminili non differiscono da quelle maschili, anche se la scarsità di tale popolazione comporta che il numero di istituti collocati a livello geografico nella nostra nazione sia esiguo. Conseguentemente, ne deriva una violazione del c.d. principio della territorialità nell’esecuzione della pena. Spesso, a incrementare la problematicità della questione, è il posizionamento di tali istituti: pensiamo alla sezione femminile di Genova Pontedecimo. E' lontana dalla stazione ferroviaria e dagli autobus, disposta nella parte più alta del paese, sul finire di una strada molto ripida e lunga; ciò implica che i familiari, se non dotati di un proprio mezzo privato, difficilmente potranno far visita al detenuto.
Ciò si collega, al contempo, a un’altra violazione dei diritti delle detenute: i colloqui.
Le detenute, nell’ipotesi in cui siano “detenute comuni”, hanno possibilità limitate per poter dialogare con il mondo esterno, per il tramite di sei colloqui al mese e di sei telefonate, ognuna della durata di dieci minuti. Quindi, se raggiungere l'istituto risulta problematico, i sei colloqui previsti non verranno proprio effettuati.
Guardando al tema della maternità, ad oggi, la legge prevede che una donna in stato di gravidanza e fino all’anno d’età del bambino non sia posta all’interno di un istituto penitenziario, bensì sarà sottoposta a una misura alternativa alla detenzione. È vero, però, che l’ordinamento italiano prevede gli ICAM (Istituti di Custodia Attenuata per Madri detenute), all’interno dei quali le madri hanno la possibilità di tenere con sé il nascituro fino ad un’età massima di tre anni. La logica alla base della fissazione di tale termine è tutelare la salute psico-fisica del bambino.
Infine, un’altra differenza relativa alle condizioni igienico-sanitarie delle camere detentive: l’Ordinamento Penitenziario prevede espressamente che all’interno delle celle femminili sia previsto vi sia il bidet, elemento che non è espressamente menzionato per quelle maschili.
L’incontro ha visto la presenza di numerosi giovani, che hanno dimostrato un forte interesse riguardo ai temi trattati e che sono intervenuti con diverse e puntuali domande.